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La guerra in Ucraina: i social sono entrati in partita

L’abile uso dei media digitali sta aiutando il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy a rafforzare la sua reputazione, ma i colossi della rete sono entrati in partita anche limitando il flusso di disinformazione e dando voce e forza al popolo ucraino.

La data room di Absolut sta osservando gli effetti dell’offensiva lanciata dalla Russia contro l’Ucraina sul web e sui social media; la trasformazione del presidente ucraino da comico a statista passa senz’altro anche dal suo utilizzo abile di tali strumenti, sia dal punto di vista del linguaggio, necessariamente spiccio, sia da quello delle immagini.

Facebook, Instagram, YouTube, Telegram, Twitter e, novità assoluta, Tiktok, stanno giocando un ruolo chiave non solo per le performances di Zelensky. Lo scorso 24 febbraio il capo della sicurezza di Facebook ha vietato ai media statali russi di pubblicare sulla piattaforma; il Cremlino ha deciso di limitare l’accesso a Facebook in risposta all’aggiunta di etichette di avviso di disinformazione ai contenuti su quattro account di notizie controllati dal governo. Contemporaneamente Twitter ha vietato gli annunci della propaganda statale in Russia e Ucraina.

YouTube, a partire dal 26 febbraio, ha iniziato a bloccare alcuni canali gestiti dal governo Russo, tra cui Russia Today. Il giorno successivo Instagram e Facebook hanno respinto un’operazione di disinformazione russa, nei confronti dell’Ucraina, che coinvolgeva quaranta account e pagine che fingevano di essere associati a testate giornalistiche a Kiev.
Google Maps ha disabilitato il monitoraggio delle condizioni del traffico in tempo reale per proteggere le comunità locali in Ucraina; contemporaneamente l’App Store di Google ha bloccato l’accesso a Russia Today in Ucraina.

Il 27 febbraio il fondatore di Telegram Pavel Durov ha esortato gli utenti ucraini e russi a diffidare delle informazioni condivise sulla piattaforma e paventato di limitare parzialmente o completamente alcuni dei suoi canali se il conflitto in Ucraina dovesse intensificarsi.
Infine, il 28 febbraio il governo russo ha chiesto a TikTok di limitare la diffusione dei filmati di guerra ucraini, sostenendo di aver identificato contenuti anti-russi.

Fin qui quanto è successo nella prima lunga settimana di guerra. Un’altra peculiarità venuta alla luce, negli stessi giorni, è l’uso del web e dei social media da parte della popolazione ucraina. Un impiego che ha contribuito, e non poco, a far fallire il blitzkrieg immaginato dalla Russia ai loro danni.

Gli ucraini hanno utilizzato i social media per ferire, sminuire e umiliare i russi, cercando di aumentare lo spirito di resistenza dei cittadini e fiaccare il morale degli invasori.
Alcune migliaia di video in tempo reale su Facebook, Telegram, TikTok e Twitter hanno indebolito la propaganda del Cremlino e spostato l’opinione pubblica mondiale dalla parte dell’Ucraina, postando strategie difensive, tracciando vie di fuga e documentando la brutalità degli attacchi.

In Italia, per la prima volta da due anni, il Covid-19 non è più trend topic sui social media. In una settimana, l’ultima, sono state registrate 20 milioni di interazioni riguardanti il conflitto in Ucraina. Dalle prime ore del mattino del 24 febbraio (data di inizio dell’offensiva russa), il team DDI (Digital Data&Insights) di Absolut ha registrato un vero e proprio picco delle conversazioni, segno che gli italiani stanno seguendo con apprensione l’evolversi della situazione.

Più del 75% degli utenti in rete esprime il proprio timore attraverso un sentiment negativo; centrale la figura di Vladimir Putin, considerato dalla rete l’attore “protagonista” della vicenda ucraina. Nei suoi confronti, secondo le rilevazioni del tool Blogmeter, la predisposizione è in prevalenza negativa (77,55%), con previsione di ulteriore crescita.
Putin, guerra ed energia sono i tre macro-temi che emergono con maggiore forza nelle conversazioni: il timore è quello di una “guerra globale” che possa in qualche modo bloccare nuovamente la vita delle persone dopo l’emergenza Covid-19.

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